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Racconto

L’acqua scorre bollente. Ahia, è troppo calda. Tento di raffreddarla.
Fantastico, ora è gelata. Questo è il rito della sera prima, quella in cui dopo aver sbattuto con esasperazione l’ultima pagina dietro tutte le sue simili, senti solo il bisogno estremo di immergerti in una cascata che lavi via ogni cosa, ogni pensiero, ogni formula chimica.
E così, mentre ancora sto cercando di miscelare la temperatura, cadono diecimila gocce in fila, che gettano via i tossici, i meccanismi d’azione, e ovviamente tutte le terapie…

Ah, bene, ora è calda quasi al giusto.

Le bolle evaporano e scappano lente verso il soffitto di quel piccolo parallelepipedo che a me sembra una cabina telefonica. Il vapore (alle volte il fumo, da quanto è calda l’acqua!) riempie l’abitacolo. E poi, passarsi la spugna verde brillante che deve sfregare via parecchie nozioni ripetute pedestremente per più di un mese.
Fate fare una pausa al mio cervello, grazie.

Acqua, bolle, schiuma. Vento, sale, onde… no, quello è il mare. Non posso riprodurre anche lui nella doccia, basta già la folle pensata della cabina telefonica. I capelli si immergono nella cascata e io oggi mi regalo lo shampoo nuovo, quello super delicato, super profumato, super tutto. Ma io sarò super? Meglio non pensarci. Se domani passo l’esame, forse sì, lo sarò stata.

Oh, finalmente ho trovato la temperatura, lo shampoo giusto, il tutto giusto: è meraviglioso. Ma allora com’è che mentalmente ancora mi ripasso gli inquinanti ambientali? Grave, davvero gravissimo. Meglio rituffare la testa e questa volta lasciarci pure naso, occhi e bocca. Tutta la faccia non aspetta che questo: essere soffocata dal getto d’acqua, che finalmente le fa dimenticare l’indice del libro e la distrae. Ecco perché non voglio mai uscire.
La cena però è già pronta, e penso con un sorriso stiracchiato alla pasta fredda che mi attende, visto che devo ancora asciugarmi i capelli, anzi, devo ancora uscire dalla doccia. Mi appoggio ancora lì per un po’, per dimenticare, per lavare dalla testa i troppi pensieri… solo per un attimo ancora. Poi, a malincuore chiudo il miscelatore.

Freddo gelido amico di tanti inverni, è sempre bello ritrovarti! Altro che esame, tu mi fai ritornare in mente in un istante che la vita è davvero un casino, o meglio, uno schiaffo d’aria che non ti molla. Mi ricorderò tutto? Sarò all’altezza?

Dai, sbrigati, che la cena è già fredda e i capelli ancora da asciugare.
Attimi in fuga, dove non esiste nient’altro.

Studiare è così. E’ fare il rito della sera prima, e poi portarsi appresso i portafortuna colorati il giorno dopo. L’unica amara consolazione è che non sono l’unica, e che molti altri tapini condividono con me queste angoscianti attese.
E pensare che ci sarebbe ben altro da fare, dico io, come ad esempio salvare il mondo. Per quello, però, dovrei rintanarmi di nuovo nella cascata, ed escogitare una strategia.
Il fon mi butta un caldo assurdo sulla testa, quasi a riempirmi nuovamente di tutte le nozioni che stavano tentando di infilarsi in un cassetto segreto. E allora, accidenti al fon!

Mi stavo già accorgendo di quanto sia bello escogitare di salvare il mondo, che l’esame di tossicologia si materializza di nuovo. Tutto dura un attimo e tutta dura una vita. Dipende dai punti di vista.

E’ un grandissimo regalo, alle volte, l’annullarsi… Peccato che duri solo il tempo di una doccia.